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"VENEZIA"

by AnnaMaria Tettamanzi



Mi dispiace non esserci stato, quando conoscesti Venezia.
Eri partita con una tua amica. Avevate deciso quel viaggio in tutta fretta, tra un esame e l'altro all'università.
Portavi il borsone azzurro con due o tre capi di ricambio.
La camicia di cotone indiano, a righe colorate, ti stava bene coi jeans. I capelli ricci ti davano un'aria graziosa, e davvero lo eri, in quel tuo corpo da farfalla.
Vi sareste fermate poco a Venezia: la durata di un week-end.
Quando arrivaste nella piazza della stazione, con tanti giovani seduti sui gradini, era un tiepido venerdì pomeriggio, col sole chiaro d'inizio primavera. Il viaggio era stato normale. Venezia ti apparve una città abbastanza "normale", con in più solo dell'acqua a cui desti un'occhiata distratta, preoccupata com'eri di trovare una camera per la notte.
Vi recaste a Mestre e poi di nuovo verso le calli veneziane. Sul traghetto incontraste due studenti libanesi, o meglio fu la tua amica a parlare con loro e a farsi indicare la camera di una pensione. Tu pensavi a me. Speravi d'incontrarmi. Ogni tanto ti sembrava di vedermi, appoggiato al parapetto di un ponte, o fermo a una stazione d'imbarco. Ma io non ero venuto.

Usciste dalla camera che si faceva sera. Il tempo era cambiato. Ti rintanasti nella tua giacca impermeabile. L'aria era umida e fredda. Ma le luci dei caffè di piazza San Marco ti riscaldarono dentro con il loro splendore e il loro morbido riflettersi sull'asfalto.
L'ambiente del piccolo ristorante sapeva di pulito e anche di ricordo, forse per via dei vecchi scaffali e delle lampade di cristallo a forma di campanula. Vi fermaste per la cena.
Di nuovo fuori,ascoltasti contenta le musiche delle orchestrine ma ti stancò la compagnia dei due ragazzi del traghetto, incontrati un'altra volta. La tua amica si mise ad amoreggiare con uno di loro, in piedi, addossata a un muro. Battendo l'indice faceva cadere con cura la cenere della sigaretta che teneva in una mano. Pensasti con stupore che tu, mai, baciandomi, ti saresti occupata della sigaretta!

Il giorno dopo Venezia era grigia e nebbiosa. Cominciavi a conoscerla veramente tra isole, colonne, campanili, visioni sfumate. Cominciavi a farti cullare lo sguardo dall'acqua, lenta e languida, col suo sciacquìo lamentoso, col suo ripetersi calmo da ninna-nanna.
Ci stavi bene, in quella percezione ovattata, cornice adatta al tuo sentire per me. Se ci fossi stato ti avrei di sicuro abbracciata mentre lasciavi andare lo sguardo oltre i pali di legno infissi nell'acqua, oltre la foschia lontana. Con la tua amica e i due libanesi andasti un po' dappertutto: sul terrazzo del campanile di San Marco, sotto il ponte dei Sospiri, a Murano. Loro parlavano sempre di altro. Tu avresti voluto parlare con me.

Il canale sotto la finestra della camera odorava di muffa e di marcio. La debole luce di un lampione rendeva più nera la profondità dell'acqua, dove le ombre sembravano immergersi tutte. Quella sera desiderasti essere a casa.
Ma il giorno dopo ti svegliasti col sole che entrava dalle liste sconnesse delle imposte. Desti un appuntamento all'amica per il pranzo: volevi goderti Venezia da sola.
Fu in quel mattino luminoso che entrasti in contatto con i portoni e le pietre, i pozzi secolari, i canali che ti piacque fotografare in prospettiva. E poi giù, lungo la darsena, nel viale dove i giovani artisti esponevano i loro disegni.
Ti sembrò di sentirla, una forza come corrente d'oceano, lungo il corpo, fino al cuore. Sorridevi. Parlasti a lungo con un ragazzo che mi assomigliava: capelli biondi, viso dolce e antico. Acquistasti un suo lavoro a carboncino. Lo salutasti quando fu l'ora di andartene, girandoti non vista a guardarlo da lontano.

Partiste in treno, nelle prime ore del pomeriggio, tu, l'amica e i libanesi. Loro parlavano, parlavano… dicevi qualcosa ma poi chiudevi gli occhi… e vedevi canali e acqua che scorreva,lenta.
In centro a Milano sembravi sorpresa di non scorgere acqua, e la cercavi con lo sguardo. Così come avevi cercato me, in quei giorni, stupendoti quasi di non vedermi arrivare.
Venezia non l'avresti rivista più e io sarei rimasto irreale, per sempre.

(racconto di Anna Maria Tettamanzi - 2004)